Massimo Bordin riuscì a trasformare la rassegna stampa in una sorta di lungo editoriale parlato. Coltivo ancora la sensazione che gli ascoltatori fossero più interessati a lui che ai giornali che leggeva. Come ci è riuscito?
Bordin, a differenza di molti altri ottimi giornalisti che negli anni si sono cimentati nella lettura dei giornali, divenne uno specialista della rassegna stampa. Non solo aveva una grande capacità nella selezione delle notizie, che è la prima dote per fare una buona rassegna, ma arricchendola con alcuni tratti della sua personalità e della sua storia personale, riuscì a conferirle uno stile davvero unico che ancora oggi celebriamo.
Cosa rendeva così particolari la personalità e la biografia di Bordin?
Massimo era stato un militante trotzkista nella sua giovinezza. Essere trotzkisti in quegli anni voleva dire soprattutto essere degli eretici e questa formazione politica lo portava spesso ad essere sferzante con i “nemici” ma anche con gli amici. Ed in effetti si aveva sempre l’impressione della sua grande indipendenza intellettuale. Il tutto sempre accompagnato da un’ironia sottaciuta e mai volgare che sapeva dosare anche attraverso i suoi proverbiali colpi di tosse e i suoi mugugni un po’ beffardi con cui commentava alcune notizie. Quella “emme” sospesa di Bordin sapeva essere più spiritosa di molte battute. Questa miscela, cui si aggiungeva il suo rigore e la sua solidissima cultura, fece della rassegna stampa di Bordin uno degli appuntamenti più seguiti nel palinsesto della cronaca politica in Italia. Tanto è vero che Marco Pannella aveva preso ad intervenire in diretta, durante la parte conclusiva della rassegna, perché sapeva che in quel momento avrebbe ottenuto un picco d’ascolti. Ma quegli ascolti, lo sapevano tutti, erano di Bordin.
Accostare Pannella a Bordin ci porta inevitabilmente a parlare delle conversazioni domenicali.
Sì, quelle conversazioni domenicali fiume Pannella le voleva fare solo con Bordin perché, al di là delle divergenze che ci furono, gli riconosceva una statura e una solidità difficile da trovare altrove. Anche in questo si può riconoscere una specie di primato a Massimo Bordin: aver tenuto testa ad una personalità prorompente com’era quella di Pannella.
Bordin è sempre stato un uomo schivo e molto riservato. Lei Mieli è stato un suo amico personale. Che ricordi ha del Bordin privato?
Di Bordin mi preme dire che è stato un uomo che amava molto la vita e l’ha amata fino all’ultimo dei suoi giorni. La settimana prima di morire fece un viaggio in condizioni proibitive a Barcellona e continuò a fare la rassegna stampa fino agli ultimissimi giorni quando a mala pena riusciva a parlare. E poi era un uomo di grande cultura, con una memoria prodigiosa, con cui si poteva parlare di tutto. Capitava a volte che si precipitasse ad aprire un libro per controllare che quella data citazione fosse detta in modo corretto. Questo lato della sua personalità privata, Bordin seppe metterlo al servizio della sua professione giornalistica ed in particolare della sua creatura più preziosa, la sua rassegna stampa.
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Che bei ricordi!
Ricordo una delle rassegne, quando lesse di alcuni che per denigrare qualche tipo di investimento continuavano a lamentarsi di come sarebbero state più utili tali spese verso qualcun altro più bisognoso (che non c’entrava nulla con lo scopo dell’investimento), al che commentò, dopo la sua classica pausa ad effetto: “e vabbè, così si arriva ai soliti bimbi del Biafra, che peggio di loro non sta nessuno…”.
Ricordo ancora di come risi, solo in auto mentre mi recavo al lavoro.
Grazie Massimo, e grazie Winston.
Riccardo